SCORCIATOIE
L'odonomastica e i suoi mutamenti: uno strumento per studiare il volto della città
L’intitolazione delle vie, delle piazze, dei giardini di una città non corrisponde solo ad esigenze di carattere pratico né è mai neutra, ma è un gesto simbolico che il presente compie tessendo il filo tra il passato, che intende non dimenticare, e il futuro che sogna di costruire.
L’odonomastica, cioè il complesso dei nomi delle vie, piazze, etc., di una città costituisce una sorta di documento della memoria di una comunità, come tale è una scelta che cambia nel tempo: riflette i mutamenti storici, sociali e ideologici subiti o voluti, è traccia della società che l’ha prodotta e degli orientamenti delle varie amministrazioni comunali, che hanno la competenza a denominare le aree pubbliche, anche se è il Prefetto a decidere in ultima istanza (legge n. 1188 del 23 giugno 1927).
Il reticolato urbano si trova così intessuto di tracce fisiche che rimandano alla rappresentazione che una comunità dà di se stessa; analizzarlo permette di mettere in evidenza le cesure importanti della storia sia nazionale che locale, ma anche i silenzi e i modi con cui la storia si deposita nella sensibilità collettiva.
Limitandoci alla storia contemporanea, i nomi delle vie ci raccontano il Risorgimento, la Prima guerra mondiale, la dittatura fascista, la Seconda guerra mondiale, l’antifascismo e la Resistenza, la deportazione e la Shoah e, se analizziamo più nel dettaglio la scelta dei nomi con cui quei momenti sono evocati e le date di intitolazione, possiamo far emergere le caratteristiche della memoria che la città si è andata costruendo per i diversi periodi della storia nazionale. Risulta per esempio interessante interrogarsi sul numero di vie dedicate alle donne, considerare il momento in cui emerge il ricordo della Shoah, capire le diverse affiliazione politiche degli uomini e delle donne a cui sono dedicate le vie.
Interrogare il reticolato delle vie della nostra città significa interrogarne il volto, il suo sguardo sul passato e quello sul futuro. Per questo si tratta sempre di un esercizio di conoscenza, ma anche di memoria attiva perché i regolamenti comunali consentono a cittadine e cittadini di raccogliere firme e avanzare proposte di intitolazione al proprio comune, indirizzando così concretamente e dal basso la costruzione della memoria collettiva della città o del paese in cui si vive.
Proponiamo qui due carte della città, una della fine anni Trenta/inizio anni Quaranta e una contemporanea: dal confronto tra le due si potrà non solo approfondire il tema della memoria come scelta del passato da non dimenticare studiando i cambiamenti dell’odonomastica, non solo addentrarsi nella specificità dei percorsi di vita evocati dalle intitolazioni, ma anche considerare l’inconscio permanere di una memoria fascista.
Rinviamo, per chi vorrà accedervi, all’eserciziario, dove è possibile trovare alcuni specifici esercizi sulle mappe che presentiamo, qui riteniamo però importante mettere a disposizione di tutti una breve considerazione e un documento.
Sulla carta di Bergamo della fine degli anni Trenta, compare l’esito del più importante intervento sulla odonomastica cittadina realizzato in epoca fascista tra il 1936 e il 1937, dopo la conquista dell’Etiopia e la nascita dell’Impero. Il 27 luglio 1936 il Podestà di Bergamo, Carillo Pesenti, delibera una serie di cambiamenti di denominazione di vie e piazze e altre sistemazioni: Piazza Cavour diventa Piazza Vittorio Emanuele III; Piazza Baroni diventa Piazza del Littorio; Via Zambonate, diventa Via Guido Paglia; Via Borfuro diventa Via Aldo Lusardi; Via Lauro diventa Via Alberico Albricci; Via Maffeis diventa Via Clara Maffei; Via Grumello diventa Via Michele Bianchi; si individua la sistemazione di Piazza Municipio modificandone il nome in Piazza Cavour e via Mauro Bianco; la sistemazione di Via Giuseppe Garibaldi rinominata in Via Antonio Locatelli M.O. eroe della patria e Piazza Adua, e quella di Via Giuseppe Mazzini, parzialmente rinominata Via Giuseppe Garibaldi. In una successiva comunicazione del 19 novembre 1936 vengono aggiunte nuove vie e piazze: Via dell’Impero; Via XXIII Marzo; Piazza Padre Reginaldo Giuliani e il 28 luglio 1937 si aggiungono altre due nuove vie: Via Adigrat e Via Abbi Addi.
Le motivazioni di queste scelte sono contenute nella prima disposizione del 1936: Visto che si rende necessario rivedere l’attuale denominazione delle strade comunali sostituendo alcuni nomi di esse con altri che ricordino persone, date, fatti e simboli gloriosi del Fascismo e della Vittoriosa impresa coloniale in Africa Orientale; Considerato che la città di Bergamo si unisce in questa manifestazione a tanti altri Comuni d’Italia e sente vivissimo il desiderio di ricordare perennemente tali nomi, la cui memoria è custodita nell’animo della sua popolazione e che rispecchiano gli eroismi, la gloria e i fasti della Nazione; […] delibera e segue l’elenco delle vie sopra riportato.
Interessante pare quindi invitare chiunque visiti, anche solo di passaggio, questo sito a considerare quanto di quel progetto è rimasto nel tessuto urbano della città, come traccia mnestica di un passato che agisce inconsciamente.
Ci sembra quindi importante rendere disponibili due documenti relativi alla toponomastica successivi al 25 luglio. In un caso si tratta dell’articolo apparso il 4 agosto 1943 su “La voce di Bergamo” che rivela “una certa stonatura” nella toponomastica rispetto al corso che la storia ha preso dopo il 25 luglio e invita a porre il più urgente rimedio. Nell’altro si tratta dell’elenco delle vie rinominate dopo la Liberazione, nell’ottobre 1945.