Felice Ottolenghi
Sant’Omobono Imagna
Scheda di famiglia e percorso di internamento
Felice Ottolenghi, nato a Torino l’1 giugno 1911, non ne conosciamo il percorso di internamento.
(Capitolo di riferimento: Gli “internati liberi” in provincia di Bergamo / Ebrei internati in provincia di Bergamo, catturati in altre province e deportati)
A Sant’Omobono fu internato per un certo periodo anche un ebreo italiano, Felice Ottolenghi, figlio di Silvio Ottolenghi, famoso fotografo e fotoreporter degli anni trenta. Felice era un ufficiale dell’esercito, tenente portabandiera dei granatieri ed amico del principe Umberto di Savoia, sporadicamente aveva aiutato il padre nell’attività. Era stato internato per motivi politici, forse proprio per via del suo essere ebreo, ufficiale e amico di Umberto di Savoia[1].
Avevano raggiunto Felice Ottolenghi, confinato a Sant’Omobono, una donna con una bambina piccola, così si può dedurre da quanto trovato nell’appartamento che vi aveva affittato Felice. La presenza di un libretto postale a lei intestato fa presumere la presenza di sua madre Albertina Lidia Moscato, nata a Livorno il 29 marzo 1888, e forse di una delle due nipoti (entrambe le sorelle di Felice avevano una figlia nata nel 1938), come farebbe presumere la presenza di una carrozzina per bambola. Possiamo presumere in base al fatto che Venezia subì un solo bombardamento il 21 marzo 1945, che si tratti della nipote residente a Torino, Anna Albertina Duksanskis, nata il 1 ottobre 1938.
Scheda di deportazione
Felice Ottolenghi, nato in Italia a Torino l’1 giugno 1911. Deceduto ad Auschwitz dopo il dicembre 1944.
Arrestato a Torino il 4 ottobre 1943 da tedeschi, dopo la detenzione nel carcere di Torino venne inviato a quello di Milano e da lì deportato il 6 dicembre 1943 con il convoglio 05 che giunse ad Auschwitz l’11/12/1943.
Deportati identificati 249 di cui reduci 5, deceduti 244.
Prima di finire a Sant’Omobono Imagna il percorso di internamento di Felice si era incrociato con quello di Oscar Gerber, internato ebreo straniero[2]:
Avevo al confino un ex capitano dei corazzieri italiani, Ottolenghi si chiama, e quello lì l’otto settembre: “Io sono italiano, non mi interessa, io torno a casa a Torino”, dico non andare, non andare, le difficoltà che avremo incominciano adesso, non esiste un’autorità italiana, sono tutti tedeschi.
Anche la madre, Albertina Moscato, e forse la sorella con un figlio piccolo, che probabilmente si erano trattenute in paese dopo la partenza di Felice, si erano allontanate da Sant’Omobono, ma in tutta fretta: come spiegare altrimenti l’abbandono nell’appartamento del libretto postale di numerosi capi di vestiario femminili e degli altri beni che figurano nel verbale di inventario ai fini del sequestro “dei beni mobili del cittadino di razza ebraica Felice Ottolenghi” effettuato dal Commissario prefettizio del comune su disposizione della Prefettura[3].
Racconta ancora Oscar Gerber[4]:
Aveva una donna mentre era al confino con noi, quella donna lì era una donnaccia, ha fatto una relazione con il figlio del console tedesco, e lui sapeva chi era lui e l’ha fatto arrestare. Un mio cliente a Torino, un certo Colombo, in via Roma, ha visto quando l’hanno portato sul camion, lo portavano i tedeschi. Lui si chiamava Felicino Ottolenghi, la donna non so, era una tedesca.
Il 4 ottobre 1943 Felice venne arrestato a Torino da tedeschi e torturato per giorni nelle cantine dell’Hotel Nazionale, allora quartier generale delle SS, senza mai rivelare il luogo dove si nascondeva la sua famiglia.
La sua resistenza non fu inutile: il padre, la madre e le sorelle, dopo varie peregrinazioni in Piemonte e il passaggio a Sant’Omobono, trovarono rifugio a Milano, dove riuscirono a nascondersi per molti mesi. Scoperti e arrestati nel febbraio del 1945 furono detenuti nel carcere di Milano, gli eventi bellici ne resero però impossibile la deportazione e furono liberati al termine della guerra[5].
[1] Cfr. Comune di Torino, Biblioteche civiche torinesi, Nulla sfugge al mio obiettivo – Silvio Ottolenghi photo reporter, mostra fotografica on line ora non più in linea. La scheda biografica di Silvio Ottolenghi era presente sul sito all’indirizzo http://www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/iniziative_mostre/mostre/ottolenghi/pdf/biografia.pdf, ed in copia è conservata nell’archivio personale di Silvio Cavati; le notizie su Felice Ottolenghi e la sua famiglia sono tratte da questa scheda; La sua presenza a Sant’Omobono è attestata anche da un fascicolo dell’archivio di stato: Gab. Pref., b.e. 1, fasc. 48.
[2] Cfr. Intervista a Oscar Gerber, L’intervista si può ascoltare sul sito del Ministero dei Beni Culturali al seguente indirizzo http://www.shoah.acs.beniculturali.it/index.php?page=Browse.Collection&id=shoah%3Avhf_it, previa iscrizione motivata e autorizzazione all’accesso.
[3] ASBg, gab. Pref. b.e. 1, fasc. 48.Lettera del Comune di Sant’Omobono Imagna alla Prefettura, il giorno impresso dal timbro datario è illeggibile, presumibilmente un giorno fra il 10 e il 15 aprile 1944.
[4] Cfr. Intervista a Oscar Gerber, L’intervista si può ascoltare sul sito del Ministero dei Beni Culturali al seguente indirizzo http://www.shoah.acs.beniculturali.it/index.php?page=Browse.Collection&id=shoah%3Avhf_it, previa iscrizione motivata e autorizzazione all’accesso.
[5] Cfr. Nulla sfugge al mio obiettivo – Silvio Ottolenghi photo reporter, op. cit.