Le famiglie di Ferruccio e Ugo Milla
Verderio superiore
Scheda di famiglia
Ferruccio Milla, nato a Cento (FE) il 27 marzo 1888, Ugo Milla, nato a Vignola il 14 novembre 1894, sua moglie Lea Milla e la figlia Serena, nata nel 1933, con loro le sorelle di Ugo: Laura Milla, nata a Pesaro il 3 agosto 1897, Lina Milla, nata a Urbino il 10 luglio 1901, Amelia Milla, nata a Terni il 27 aprile 1904.
(Capitoli di riferimento: Gli sfollati: nuove presenze ebree italiane nella provincia / Arrestati e deportati dal carcere di Bergamo)
Ernesto Milla[1], un ebreo modenese, era stato un garibaldino, aveva anche partecipato nel 1866 alla battaglia di Bezzecca. Era poi diventato un ufficiale del dazio e aveva sposato Giulia Levi, un’ebrea di Ferrara e con lei si era spostato nelle città d’Italia a cui era destinato per lavoro. Possiamo seguire il percorso della sua attività attraverso i luoghi di nascita dei suoi figli: Ferruccio a Cento (FE) nel 1888, Ugo a Vignola (MO) nel 1894, Laura a Pesaro nel 1897, Lina a Urbino nel 1901, Amelia a Terni nel 1904, Olga e Max a Messina, Gabriella a Loiano (BO), un altro fratello, Aldo, era morto al termine della prima guerra mondiale, quando era ancora sotto le armi.
La famiglia si era infine fermata a Milano nel 1911, Ferruccio aveva trovato lavoro presso lo Scatolificio Ambrosiano come ragioniere, Ugo si era sposato con Lea Milla Di Vittorio ed aveva avuto una figlia, Serena, nel 1933, Laura lavorava come segretaria in una scuola, Lina invece era impiegata presso la ditta Brunner, mentre Amelia faceva la casalinga; Max, Olga e Gabriella si erano sposati, ma non abbiamo notizie sulla loro attività.
I Milla furono censiti come ebrei nel 1938 e Laura, dipendente pubblica, dovette lasciare il lavoro, riuscì poi a trovare lavoro presso la scuola ebraica di via Eupili. I fratelli Milla fecero domanda di discriminazione, che venne però concessa al solo Max, grazie alla sua partecipazione alla guerra libica, alla prima guerra mondiale e al fatto che il padre fosse stato volontario garibaldino.
L’atteggiamento dei Milla verso il fascismo era quello di molti italiani, di tutti loro il segretario federale del Partito Fascista, a cui spettava il compito di esprimere un parere, pur non potendo fare rilievi sfavorevoli disse che “non risulta abbiano dato dimostrazione alcuna di attaccamento al regime“, solo Ferruccio si iscrisse al partito, ma la data della prima tessera, il 1928, ne indica un’adesione tardiva e probabilmente di comodo.
Max, malgrado la discriminazione, non si adattò alle condizioni a cui lo sottoponevano le leggi razziali e, lasciata la propria attività commerciale di Milano, preferì emigrare in Inghilterra con la famiglia nel 1939.
Tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942 lo Scatolificio Ambrosiano, a causa dei bombardamenti, si trasferì da Sesto San Giovanni a Verderio Superiore con buona parte dei dipendenti, fra cui i Milla. L’azienda affittò alcuni edifici di proprietà della famiglia Gnecchi, il rustico fu adibito alla produzione, l’ala sinistra della villa Gnecchi e “L’aia” servirono come alloggi. I Passaquindici, proprietari dell’azienda andarono ad abitare nella villa. I Milla nel “L’aia”, un edificio dell’Ottocento, il cui cortile, pavimentato con grosse pietre, veniva utilizzato dai contadini per stendere il raccolto ad asciugare. Oltre ad Ugo e alla sua famiglia si stabilirono a Verderio Superiore anche Amelia, che badava alla casa, Lina, ora impiegata nell’azienda, e Laura, che continuava il suo lavoro andando avanti e indietro da Milano. Gabriella e Olga erano invece emigrate in Svizzera con le loro famiglie, Ugo con la propria si era trasferito a Ferrara. Ugo però ad un certo punto, non sentendosi più sicuro a Ferrara, decise di raggiungere il resto della famiglia a Verderio Superiore.
Scheda di deportazione
Ferruccio Milla, nato a Cento (FE) il 27 marzo 1888. Ucciso all’arrivo a Auschwitz l’11 dicembre 1943.
Ugo Milla, nato a Vignola (MO) il 14 novembre 1894. Ucciso all’arrivo a Auschwitz l’11 dicembre 1943.
Arrestati a Verderio il 13 ottobre 1943.
I due arrestati dopo essere stati detenuti nel carcere di Bergamo vengono inviati al carcere di Milano e da lì deportati il 6 dicembre 1943 con il convoglio 05 che giunge ad Auschwitz l’11 dicembre 1943.
Deportati identificati 249, di cui reduci 5, deceduti 244.
Occorre effettuare una precisazione: il Libro della Memoria indica Ferruccio e Ugo Milla come arrestati in provincia di Bergamo, ma Verderio Superiore, posto oltre lo storico confine dell’Adda, apparteneva allora alla provincia di Como ed ora a quella di Lecco. I Milla furono però inviati non al carcere di Como o di Milano, ma a quello di Bergamo e da qui trasferiti a Milano, era il comando delle SS di Bergamo ad avere competenza su quel territorio, è probabilmente questa la ragione dell’attribuzione, ma proprio per il transito nel carcere di Bergamo abbiamo ritenuto di continuare a considerarli tra gli arrestati a Bergamo.
La sera del 13 ottobre 1943 alcuni soldati tedeschi si presentarono minacciosi alla casa dei Passaquindici e li accusarono di dare lavoro e di nascondere ebrei. Un operaio, desideroso di vendicarsi del licenziamento subito, aveva denunciato i propri datori di lavoro ai tedeschi. Ferruccio Milla si trovava con i Passaquindici per giocare a carte, si dichiarò ebreo e venne arrestato, la stessa sorte toccò ad Ugo, giunto poco dopo. Con loro vennero arrestati anche Donato e Vittorio Passaquindici e il loro cognato Nicola Rota. I cinque vennero portati al carcere di Bergamo e poi trasferiti a San Vittore a Milano[2].
Fu la moglie di Ugo, Lea, ad accorgersi per prima a tarda notte dell’assenza del marito e a dare l’allarme alle cognate, riuscendo a sapere dell’accaduto.
La mattina successiva chiamarono la domestica[3], la signora Ida Sala e le consegnarono le chiavi dell’abitazione pregandola di non dire nulla a nessuno. Questa raccomandazione fu eseguita scrupolosamente dalla signora anche il giorno successivo quando i tedeschi fecero irruzione all’Aia alla ricerca degli altri familiari ebrei. Non trovandoli, svuotarono la casa gettando ogni cosa nel cortile.
Lea e la figlia si rifugiarono a Boscate da un’amica, riuscirono in seguito, assieme alla madre di Lea, a trovare un sicuro asilo presso la casa di cura di Carate Brianza, le tre sorelle tornarono invece a Milano.
Prima di raggiungere San Vittore i fratelli Milla, furono interrogati al comando delle SS di Milano, presso l’Hotel Regina. Il responsabile degli arresti e della detenzione degli ebrei a Milano era il sottufficiale delle SS Otto Kock, soprannominato dai suoi collaboratori Judenkock, “Cucinatore di ebrei”. Era solito usare metodi violenti durante gli interrogatori per strappare agli arrestati notizie sui rifugi dei loro congiunti: le percosse che inferse a Ferruccio furono tali da procurargli un’infezione ad una gamba che costrinse poi ad utilizzare una barella per trasportarlo al treno per Auchswitz, compromettendone ogni possibilità di sopravvivenza all’arrivo.
Ferruccio però non parlò, le sorelle furono tradite da un’imprudenza: cercarono di avere notizie dei fratelli e di mettersi in contatto con loro, vennero così individuate e arrestate.
L’intera famiglia fu inviata ad Auschwitz il 6 dicembre 1943 dove giunse dopo ben sei giorni di viaggio, nessuno di loro superò la “selezione” all’arrivo e furono tutti e cinque inviati alle camere a gas.
Lea, la figlia e la madre giunsero salve alla liberazione nascoste presso la casa di cura di Carate Brianza; fu lì che, finita la guerra, ricevettero una lettera di Enzo Levy, compagno di detenzione e di deportazione del marito[4]:
Gentile signora Lea Milla,
Rispondo solo oggi alla sua lettera del 3 corrente, perché ero fuori Torino e sono ritornato solo ieri sera. Tutta la numerosa famiglia Milla era con me a S. Vittore e precisamente i due fratelli Ugo e Ferruccio e le tre sorelle Laura, Luisa (il nome esatto è Lina, N.d.R.) ed Amelia. Stavano tutti discretamente (come si può stare in prigione, senza sapere cosa ci attendeva). Soltanto il signor Ferruccio a causa delle percosse ricevute e alla “ginnastica” fattaci fare dai signori SS aveva un principio di infezione ad una gamba, ma il giorno della partenza venne trasportato all’ultimo momento, su di una barella sino alla stazione e caricato sul carro bestiame, assieme a noi tutti. Non so se abbia resistito al viaggio che durò sei giorni, ma all’arrivo ad Auschwitz gli uomini giovani e forti vennero subito divisi dagli altri e quindi non ebbi più modo di vedere nessuno dei suoi parenti. Si teme però che quasi nessuno sia delle donne che dei bambini e dei vecchi, per non parlare degli ammalati, sia sopravvissuto. Questo pensiero è così straziante anche per me, che in quel gruppo avevo mia madre e mia sorella, che io stesso stento a crederlo. Pensi, cara signora, che io sono uno dei pochissimi superstiti finora rientrati in Italia! Moltissimi sono ancora gli assenti e di questi solo di pochi si hanno e si potranno avere notizie!
Non disperi tuttavia e riceva tutti i miei auguri che Dio le conceda di rivedere le persone a lei care.
Le porgo i miei ossequi.
Enzo Levy
[1] La storia della famiglia Milla è ricavata da: La Shoah in Brianza: la famiglia Milla, Lo sterminio di una famiglia perbene, pubblicato dal 31 luglio 2012 sul sito dell’ANPI di Lissone, sezione Emilio Diligenti, http://anpi-lissone.over-blog.com/article-la-shoha-in-brianza-la-famiglia-milla-107686775.html ed è tratta da un articolo di Marco Bartesaghi su Brianze n°34 anno 2005. La storia dei Milla è stata inserita nelle storie di questa provincia, malgrado Verderio non vi appartenga, in quanto Ferruccio e Ugo dopo l’arresto furono portati al carcere di Bergamo, competente per la polizia di sicurezza tedesca per la zona.
[2] La ricostruzione delle circostanze dell’arresto risulta da una testimonianza di Lea Milla raccolta dal CDEC di Milano.
[3] Questo dettaglio è contenuto in Giulio Oggioni, L’aia, teatro di avvenimenti storici, https://www.aiaverderio.it/la-storia/, anch’esso ricavato da un articolo di Marco Bartesaghi.
[4] Il testo della lettera è riportato in La Shoah in Brianza: la famiglia Milla, op. cit., Enzo Levy era un ebreo torinese, mentre stava fuggendo verso la Svizzera assieme ai famigliari, venne catturato dai tedeschi il 12 novembre 1943 a Tradate (VA). Il padre riuscì fortunosamente a fuggire, Enzo con la madre Egle Segre e la sorella Eva Maria furono deportati ad Auschwitz solo Enzo riuscì a sopravvivere.