Eugenio Krohn e la sua famiglia
Clusone – Sovere
Scheda di famiglia e percorso di internamento:
Eugenio Krohn (IG), nato a Sobrance (CS) l’1 maggio 1882, con la moglie Maria Feldmann (IG), nata a Szombathely (H) il 12 maggio 1901, e la madre di lei Adele Lindner (IG), nata a Szombathely (H) il 16 luglio 1874; Eugenio era giunto in Italia a Milano nel 1928, la signora Lindner già dal 1926[1]; furono internati a Ferramonti il 27 maggio 1941. Furono confinati a Clusone il 20 settembre 1941, poi dall’1 maggio 1942 a Sovere dove erano presenti al settembre 1943.
(Capitoli di riferimento: Gli “internati liberi” in provincia di Bergamo / Fuggiaschi e clandestini)
Figlio di un sottufficiale dell’esercito austro-ungarico a quattordici anni si trasferì con i suoi genitori a Budapest, dove entrò come apprendista nell’Istituto di litografia di Riegler[2]. Frequentò corsi di disegno e nel 1907 si iscrisse alla Scuola di arti applicate di Budapest (1907); successivamente studiò all’Accademia di Belle Arti sotto la guida dei professori Tivadar Zemplényi, Viktor Olgyai ed Ede Balló[3]. Nel 1909 ottenne il secondo premio a un concorso artistico e l’anno dopo ricevette un premio statale di 1000 monete d’oro in riconoscimento delle qualità artistiche, che gli permise di studiare a Monaco di Baviera, Parigi e Londra. Effettuò anche un soggiorno nella colonia di pittori di Baia Mare.
Dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, fu arruolato e assegnato in prima linea, dove cadde prigioniero dell’esercito zarista. Tornato a Budapest dopo la guerra si sposò e si unì al movimento rivoluzionario, per questo verso la fine del 1920 dovette lasciare il suo paese. Si stabilì a Košice in Cecoslovacchia, dove incontrò il pittore Elemír Halász-Hradil[4], che lo presentò a Josef Polák direttore del Museo della Slovacchia Orientale[5]. Con il suo aiuto Krohn ottenne un permesso di soggiorno e nel 1921 fondò una scuola privata, che fu straordinariamente importante per il circuito di Košice e rimase in funzione fino al 1927. Il suo esilio a Kosice non solo portò all’inizio dei corsi serali di disegno e grafica, ma lo ispirò a produrre le sue opere principali. In quel periodo creò i suoi migliori cicli grafici: Man, Creative Spirit, The Man of the Sun, che forse appartengono alle proiezioni più esigenti delle visioni moderniste degli anni venti su scala internazionale. Orientato al costruttivismo russo, il suo lavoro rifletteva la percezione della realtà dall’aspetto del progresso nella scienza e nella tecnologia e, contrariamente ai concetti socio-espressivi, interpretava l’uomo moderno come creatore e pensatore. Nel 1928, partì con la famiglia per recarsi da suo fratello a Milano, dove subì una tragedia familiare: sua figlia morì e sua moglie si suicidò. Superò questo difficile periodo rifugiandosi nel lavoro e nelle sue mostre. Nel 1938 sposò Maria Feldman, un ex membro del Teatro di Užhorod, anch’essa emigrata. In Italia le sue opere sono presenti in alcuni musei: a Genova nelle collezioni del Comune, a Firenze nella Galleria degli Uffizi, a Milano nel Castello Sforzesco e a Roma nel Palazzo Corsini (si firmava Eugenio (Jeno) Kron). Nel 1940 fu arrestato a Milano, Eugenio era comunista[6] e questo non doveva essere ignoto alle autorità fasciste, ma non sappiamo se contò per il suo arresto il suo passato politico o solo il suo essere ebreo, non sappiamo se rimase detenuto o inviato in altri campi, il 27 maggio 1941 fu inviato a Ferramonti con la moglie e la suocera e poi a Clusone dove furono alloggiati prima in via Cifrondi poi alla ” Palazzina” in via S. Marco sulla strada per Villa d’Ogna[7]. A Sovere abitarono nella casa della famiglia Camanini in via S. Rocco: racconta la figlia Caterina, allora ventunenne[8]:
“Venne il Podestà a dirci che dovevano ospitare questa famiglia. A quel tempo non si poteva dire di no. Mio padre non era certo un simpatizzante del fascismo, anzi, in realtà era socialista, ma in quel periodo non è che uno poteva sbandierare le proprie idee, se non erano quelle fasciste. In casa c’era posto, assegnammo ai tre ospiti due stanze … Io allora lavoravo al filatoio. La mamma e il papà li ospitarono volentieri, erano brave persone, parlavano poco, non volevano dare fastidio. I carabinieri arrivavano in casa ogni giorno a controllare, perché non potevano uscire dal paese senza un permesso speciale. Abbiamo fatto amicizia con loro.”
Le cose cambiarono quando la RSI decise di diventare protagonista della caccia agli ebrei, racconta Caterina Camanini[9]:
Era una mattina presto. Le due signore che avevamo in casa hanno fatto le valigie e hanno preso la prima corriera per Milano. Non ci hanno detto niente, sono partite in fretta, di buonora. A mezzogiorno arriva il brigadiere dei carabinieri, con l’ordine di cattura. Chiede a mia mamma dove sono i prigionieri. La mamma risponde che non lo sa, non ha sentito niente, forse sono uscite a fare la spesa. Il brigadiere era furibondo. Mancava però Eugenio. Infatti poco dopo è arrivato, ma mia mamma non l’ha nemmeno lasciato entrare, scappi, se ne vada, sono stati qui i carabinieri e cercarvi. Non se l’è fatto ripetere, è andato via subito, non so che corriera abbia preso, ma anche lui è partito per Milano.
In tutta evidenza qualcuno le aveva avvisate dell’imminente arresto; i Kron sfuggirono alla deportazione, purtroppo non sappiamo se raggiungendo la Svizzera o riuscendo a nascondersi da qualche parte. A Milano Eugenio tornò dopo la guerra per poi tornare a Budapest; prosegue Caterina Camanini:
Nel dopoguerra siamo andati a Milano, in piazza Repubblica, dove c’era un circolo artistico ed Eugenio era lì. Una volta mia sorella è stata anche a Budapest a trovarli e un’altra volta sono tornati a Sovere per due o tre giorni a casa nostra.
I Kron continuarono ad avere un rapporti con i Camanini fino alla morte di Maria Feldman, Eugenio è morto nel 1974. Luoghi e persone di Sovere si possono ammirare nelle opere di Kron esposte all’Accademia delle Belle Arti di Budapest[10].
[1] AC Comune di Sovere, foglio di soggiorno per stranieri in data 25 febbraio 1942.
[2] Le notizie sulla biografia e storia artistica di Eugenio Krhon, più noto come Eugen o Jeno Kron sono tratte dai siti Wikipedia e Zsolnai Fine Arts, Hungarian paintings; quelle sul suo internamento sono indicate nelle rispettive note.
[3] Pittori e grafici della corrente realista ungherese. Tivadar Zemplényi (1864, Eperjes – 1917, Budapest), medagliato all’Esposizione Universale di St. Louis del 1904, espose anche all’Esposizione Universale del 1900 e alle Biennali di Venezia del 1901, 1905 e 1909. Viktor Olgyai, in origine Viktor Matirko (1870, Igló – 1929 Salisburgo). Pittore e grafico ungherese. Il nome della sua famiglia fu cambiato nel 1892. Ede Ballò, (1859, Liptószentmiklós – 1936 Budapest), studiò a Budapest, poi a Vienna, a Monaco e a Parigi. Dopo un soggiorno a Madrid, lavorò per tre anni a Roma (1892-94), fu professore dell’accademia di belle arti di Budapest dal 1894 al 1926.
[4] Elemír Halász-Hradil, in ungherese Elemér Halász-Hradil, (1873, Miskolc –1948, Košice), è stato un pittore slovacco di origini ungheresi.
[5] Josef Polák (1886, Praga – 1945, Auschwitz), fu un importante esperto nel campo della museologia e della cura dei monumenti. Le sue attività sono principalmente legate al Museo della Slovacchia orientale a Košice e al Museo Centrale Ebraico in tempo di guerra a Praga. La sua origine ebraica lo espose a discriminazioni e pericoli dopo l’occupazione della Cecoslovacchia da parte dei tedeschi, Josef Polàk inoltre aderì alla resistenza. Il 18 agosto 1944 su arrestato assieme alla moglie “ariana” per la sua collaborazione con la resistenza, sua moglie fu presto rilasciata, ma per le angherie subite abortì il loro secondo figlio, il primo, Tomàs, era già stato deportato a Terezin, dove fu deportato anche Josef. Fu infine deportato ad Auschwitz nel novembre 1944, dove morì il 18 gennaio 1945. Riuscì invece a sopravvivere e tornare a casa il figlio Tomàs.
[6] Pierluigi Lanfranchi, Acheronta Movebo, storie ritrovate di Franziska e Charles Mailan, Castelvecchi Editore, Roma 2017, p. 21.
[7] Cfr. Mino Scandella, Ricordate che questo è stato, ebrei internati liberi a Clusone 1941-1945, Quaderni di CLUBI n. 10, Clusone (BG), Comune di Clusone, 2016., p. 50.
[8] Cfr. Pietro Bonicelli, La storia. Gli ebrei Kron in casa Camanini “Scapparono una mattina, appena in tempo. Li avrebbero deportati in Germania”, Araberara, 27 gennaio 2017, p. 5 e 25.
[9] Pietro Bonicelli, Gli ebrei Kron in casa Camanini “Scapparono una mattina, appena in tempo. Li avrebbero deportati in Germania…”, op. cit.
[10] Cfr. Andrea Filisetti, Giornata della Memoria, quando gli ebrei erano confinati o nascosti, Myvalley.it, https://myvalley.it/2016/01/giornata-della-memoria-quando-gli-ebrei-erano-confinati-o-nascosti/myvalley.it