Regina Hazan, Levi Alberto Abramo e i loro figli
Trescore Balneario
Scheda di famiglia e percorso di internamento
Alberto Abramo Levi (IG), nato in Turchia il 12 novembre 1905, con la moglie Regina Hazan (IG), nata a Smirne (Turchia) il 20 dicembre 1905, e i figli Vittorio (IG), nato a Milano il 8 novembre 1932, e Ester Vittoria (IG), nata a Milano il 19 gennaio 1941; residenti in Italia a Milano dal 1927, avevano tentato di espatriare nel 1939, ma erano rientrati a Milano il 6 febbraio 1942, internati furono confinati a Trescore dove erano presenti al 30 novembre 1943.
(Capitolo di riferimento: Gli “internati liberi” in provincia di Bergamo / Arrestati e deportati dal carcere di Bergamo)
Regina Hazan era nata in Turchia a Smirne, non sappiamo se avesse conosciuto il futuro marito sulle coste dell’Egeo o a Milano, dove Abraham Levj, risiedeva dal 30 giugno 1927[1], è certa invece la data del matrimonio: il 12 novembre 1931[2]. Milano era la città dove si svolgeva la vita della coppia fino all’emanazione delle leggi razziali e fu qui che il 6 novembre 1932 nacque il primo figlio, Vittorio[3]. I coniugi Levi non possedevano la cittadinanza italiana: Abrham Levj, nell’atto di nascita del figlio Vittorio (1932), è qualificato come cittadino portoghese, la moglie Regina, nell’atto di nascita della figlia Ester Vittoria (1941), è qualificata come cittadina portoghese, ma era in possesso anche della cittadinanza turca, così almeno risulta all’anagrafe di Milano nel 1942.
La promulgazione delle leggi razziali indusse la coppia all’emigrazione: Levj Abraham venne cancellato dall’anagrafe di Milano per l’estero il 2 marzo 1939. Non ci sono notizie della famiglia Levj fra il 1939 e il 1941, impossibile quindi dire se anche loro hanno tentato, senza successo, di raggiungere la Palestina, come molti ebrei stranieri residenti in Italia, o se si erano rifugiati in Francia, tornando in Italia dopo che il governo di Vichy aveva emanato la propria legislazione razziale nell’ottobre 1940 o se avessero cercato invano di raggiungere una nazione sicura, certo è che erano di nuovo a Milano, in via Bottesini 18, quando il 19 gennaio 1941 nacque Ester Vittoria; all’anagrafe di Milano risultano però reiscritti d’ufficio, a quell’indirizzo, soltanto il 6 febbraio 1942[4]: i coniugi Levj non si erano certo affrettati a segnalare il loro rientro alle autorità[5]. Forse è da collegarsi alle leggi razziali e a questo periodo tormentato un altro fatto curioso: Abraham Levj – così compare all’anagrafe e negli atti di nascita dei figli – preferiva usare il nome italianizzato Levi e farsi chiamare Alberto e in tal modo si firmò anche nelle lettere che indirizzò al Prefetto di Bergamo dopo la Liberazione. La presenza in Milano non durò a lungo: nel 1943 Regina Hazan con i figli e il marito fu confinata a Trescore Balneario, come ci informa lo stesso Comune[6]. Non conosciamo le condizioni economiche della famiglia in questo periodo, anche se è facile dedurre una situazione piuttosto critica: alla nascita del primo figlio (1933), Abraham si dichiarò commerciante; alla nascita della figlia, nel 1941, venditore ambulante; la famiglia doveva avere raggiunto una certa tranquillità economica: la casa di Milano nel contesto della documentazione appare di loro proprietà, ma le leggi razziali, la tentata fuga all’estero e l’internamento avevano certamente aggravato la loro situazione. L’appartamento di Trescore e i beni lì sequestrati non descrivono una situazione florida, e Abraham nelle lettere scritte dopo la liberazione dichiarava apertamente la propria difficile situazione economica[7]. Probabilmente alla fine del 1942 o agli inizi del 43 furono internati a Trescore dove risiedettero in locali dati loro in uso dal salumiere Francesco Belotti in Viale XX settembre: la loro situazione economica era precaria, l’unica ricchezza rimasta era la casa di Milano e i mobili che portarono a Trescore, sopravvivevano anche grazie all’aiuto dei Belotti e di altre persone che avevano compreso la loro situazione.
Scheda di deportazione
Regina Hazan, nata a Smirne (Turchia) il 20 dicembre 1905. Deceduta in luogo e data ignoti.
Vittorio Levi, nato a Milano il 6 novembre 1932. Ucciso all’arrivo a Auschwitz il 10 aprile 1944.
Ester Vittoria Levi, nata a Milano il 19 gennaio 1941. Uccisa all’arrivo ad Auschwitz il 10 aprile 1944.
Arrestati a Trescore Balneario da italiani nel febbraio 1944.
I tre arrestati dopo essere stati detenuti nel carcere di Bergamo vengono inviati al campo di Fossoli e da lì deportati il 5 aprile 1944 con il convoglio 09 che giunge ad Auschwitz il 10 aprile 1944.
Deportati identificati 609, di cui reduci 50, deceduti 559.
Alberto Abramo Levi, la moglie Regina Hazan e i figli Vittorio e Ester Vittoria abitavano a Trescore in locali dati loro in uso dal salumiere Francesco Belotti, suo figlio Giulio (1922-2010), ha rilasciato una memoria scritta dove ricorda[8]:
la famiglia Levi cercava di non dare nell’occhio; però, frequentando il figlio Vittorio le elementari a Cenate Sotto, la notizia della loro presenza giunse ben presto alle orecchie fasciste. Infatti, quando il 7 dicembre 1943 il maresciallo dei Carabinieri locali Ernesto Cocco chiese, in seguito all’ordinanza n.5 del 30 novembre 1943, al Commissario prefettizio di Trescore d’indicargli gli ebrei presenti sul territorio, fu informato della presenza della famiglia Levj: in quei giorni i genitori erano ricoverati alla clinica Gavazzeni e avevano lasciato i figli, Vittorio di 11 anni ed Ester Vittoria di 2 in custodia alla famiglia Belotti con cui avevano intessuto un rapporto di amicizia. Per diversi giorni non successe niente. Giulio Belotti racconta che qualche fascista propose alla signora Regina di evitargli i provvedimenti di polizia in cambio di denaro, ma la donna rifiutò, probabilmente anche per l’impossibilità di versare quanto richiesto. Infatti la loro unica ricchezza erano i pochi mobili che erano riusciti a conservare della casa di Milano, oramai però malridotti; vivevano grazie alla generosità dei pochi, come la famiglia Belotti, che conoscevano la loro situazione e li aiutavano e dei magri guadagni ottenuti dai saltuari lavori svolti dal padre.
L’arresto era solo rinviato: le carceri di Sant’Agata erano già piene e già alcuni dei primi arrestati erano stati rinviati ai luoghi di confino, in attesa dell’operatività del campo di concentramento di Fossoli. Fu probabilmente la necessità di procurare da vivere alla famiglia che portò Abraham ad allontanarsi da casa quel giorno del febbraio 1944, quando i militi italiani della RSI si presentarono nuovamente alla porta dei Levj e arrestarono la madre e i due figli. I carabinieri li accompagnarono prima alla stazione di Gorlago e da lì in treno furono condotti a Bergamo, al carcere di Sant’Agata, poi al campo di concentramento di Fossoli.
Malgrado quello che compare nelle comunicazioni del comune di Trescore, Regina Hazan non era apolide, bensì cittadina turca, paese ancora neutrale nel 1943, e i figli Vittorio e Ester Vittoria erano cittadini portoghesi[9], ed anche il Portogallo era un paese ancora neutrale, ma questo non bastò a salvarli dalla deportazione: per il Partito Fascista Repubblicano erano solo ebrei, e pertanto nemici da eliminare anche se avevano solo due anni.
Il 5 aprile 1944 un treno li portò ad Auschwitz; sullo stesso treno vi erano altri 19 ebrei catturati in provincia di Bergamo, fra cui altre due famiglie con eguale cognome: i tre membri della famiglia di Salvatore Levi e i sette membri della famiglia Levi di Ambivere.
Regina e i figli arrivarono ad Auschwitz il 10 aprile 1944: Vittorio e Ester Vittoria, troppo piccoli per essere in qualche modo sfruttati, furono subito uccisi; Regina forse morì più tardi, ma non si conoscono il luogo e la data della morte[10]; l’atto di morte registrato allo stato civile del comune di Milano ci informa: “La suddetta Hazan Regina è morta in seguito ad asfissia nelle camere a gas (in deportazione) ed è stata sepolta e la salma cremata nel campo stesso[11].”
Quanto Regina ha lasciato nel proprio appartamento è poco, ma a qualcuno fa comunque comodo. Scrive il Commissario prefettizio del comune di Trescore al Capo della provincia il 13 marzo 1944[12]:
Il locale Comando della Guardia Repubblicana Carabinieri, foglio n. 49 Ris. in data 29 febbraio 1944, interessava la Questura di Bergamo perché autorizzasse che i locali già di abitazione dell’ebrea Hazan Regina in Levi, ora in campo di concentramento, venissero concessi per abitazione a famiglia di sottufficiale appartenente allo S.M. Esercito sfollato dall’Italia Centrale.
La Questura, con foglio N. 58 dell’8 corrente diretto al succitato Comando e, per conoscenza, a questo Ufficio, autorizzava la cessione di detti locali, ma ordinava che i mobili in essi contenuti, di proprietà dell’ebrea, venissero depositati in altro locale in debita custodia di questo Comune.
Poiché la famiglia del Sottufficiale suddetto è nella materiale impossibilità di trovare in luogo i mobili necessari per la famiglia stessa, si prega l’Ecc. Vostra perché, in via del tutto eccezionale, ed in considerazione delle benemerenze politiche del sottufficiale, voglia autorizzare l’uso del mobilio dell’Hazan, nominando lo stesso sottufficiale custode provvisorio dei mobili, sotto il controllo di questo Ufficio Comunale, che, fra l’altro, non ha locali disponibili per accantonarlo.
Il Capo della provincia Emilio Grazioli non si fece pregare di fronte ai problemi del meritevole sottufficiale e subito interessò l’EGELI per ottenere il necessario assenso[13]; anche l’EGELI si mostrò sensibile e rispose alla Prefettura[14]:
non ci è ancora pervenuto il decreto di confisca dei beni dell’ebrea Hazan Regina in Levi. Non sappiamo pertanto se si tratti di un appartamento di proprietà, ovvero soltanto tenuto in locazione. Nel primo caso, ove l’appartamento fosse libero, esso potrebbe essere dato in affitto (verso corresponsione del canone da stabilirsi) al sottufficiale dell’Esercito che è privo di alloggio. Se si trattasse invece di un appartamento che l’ebrea teneva semplicemente in affitto, bisognerebbe che il sottufficiale si accordasse col proprietario dell’appartamento stesso.
Se l’accordo venisse raggiunto, egli potrebbe occupare l’appartamento ed assumere intanto in temporanea custodia i mobili della Levi che trovansi nel quartiere, in attesa del decreto di confisca.
Malgrado le difficoltà burocratiche e la mancanza del decreto di confisca, il sottufficiale dell’esercito, considerate le sue benemerenze politiche, ottenne l’appartamento e l’uso dei mobili dell’ebrea Regina Hazan.
Non sappiamo come e dove Alberto Abramo sia riuscito a nascondersi fino al termine della guerra, certo è che si ritrovò nella più squallida miseria e, accanto al dolore per la perdita dei suoi cari, si trovò di fronte alle difficoltà di un periodo economicamente molto difficile per il paese. Gli organi pubblici nati dalla resistenza avevano dato subito disposizione per l’annullamento dei provvedimenti di confisca, ma dar seguito ai quei provvedimenti risultò non sempre facile. Anche per Alberto Abramo non fu facile rientrare in possesso dei pochi beni rimastigli: i mobili della casa di Milano che erano stati usati per ammobiliare l’appartamento di Trescore, sequestrati e messi a disposizione d’altri e poi accantonati in un solaio necessitavano di riparazioni dopo l’uso fattone, aveva chiesto perciò un risarcimento. Nell’esposto alla Prefettura di Bergamo in data 16 febbraio 1946, conclude[15]:
Il sottoscritto poi ha già perduto la propria famiglia ad opera dei nazifascisti ed ora chiede quanto giustamente gli è dovuto facendo anche presente che questa pendenza deve essere risolta dal citato comune con la massima urgenza in quanto i mobili sono ora ricoverati in un solaio e si danneggiano sempre più e d’altra parte il sottoscritto non può continuare a dormire per terra per seguire le argomentazioni del Comune di Trescore B. il quale tenta unicamente di scagionarsi e di scrivere cose che non rispondono del tutto alla verità.
L’intervento della Prefettura con lettera al Sindaco di Trescore in data 11 aprile 1946[16] fu decisivo, il 19 maggio 1946 la Giunta comunale deliberava[17]:
Premesso che in tempo di guerra, e precisamente in principio 1944, dietro consenso del Questore di Bergamo, il commissario prefettizio, dottor Giuseppe Mazzoleni, ha dato in uso alla guardia repubblicana Ermini Nicola il piccolo appartamento ed i mobili della signora Hazan Regina in Levi, di razza ebraica, spedita con due bambini in un campo di concentramento in Germania; ritenuto che detti mobili, durante quella occupazione, vennero notevolmente sciupati e rovinati, per cui il loro riassetto può richiedere la spesa di £ 25.000, che il Levi prevede sia sostenuta dal Comune; avuto riguardo al caso pietoso del Levi, avuto riguardo al caso eccezionale e pietoso del Levi, unico superstite della sua famiglia; accogliendo anche l’invito fatto al sindaco da Sua Eccellenza il prefetto, con nota del 25 aprile ultimo scorso, per una benevole considerazione dell’istanza e per una sollecita soluzione della vertenza con equo accordo; in buona intesa con l’interessato, delibera di indennizzare i danni con £ 12.000 da corrispondere al signor Levi Alberto.
Nessuno poté però restituirgli la moglie e i figli. Alberto Abraham morì a Milano il 13 maggio 1951 all’età di soli 45 anni[18].
[1] Comune di Milano, Anagrafe; Abraham Levj è nato a Costantinopoli (Turchia) il 12 novembre 1905.
[2] Comune di Milano, Anagrafe; purtroppo la certificazione non riporta né il luogo del matrimonio né la data di arrivo a Milano di Regina Hazan.
[3] Comune di Milano, Stato Civile, registri di nascita, anno 1933, atto n. 4229 R. 2 parte 1.
[4] Comune di Milano, Stato Civile, registri di nascita, anno 1941, atto n. 366 R. 5 parte 1 s. A; Comune di Milano, anagrafe.
[5] Comune di Milano, Anagrafe.
[6] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Inventario dei beni ed utensili esistenti nell’abitazione dell’ebrea apolide Hazan Regina, Comune di Trescore Balneario, 15 aprile 1944.
[7] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Alberto Levi, lettere raccomandate al Sindaco di Trescore Balneario e al Prefetto di Bergamo, in data 16 febbraio 1946 e 12 aprile 1946.
[8] Cfr. Barbara Curtarelli, Un Archivio ritrovato – Trescore Balneario nelle carte del CLN, Il Filo di Arianna, Bergamo, 2015, p. 38.
[9] Comune di Milano, Anagrafe.
[10] Cfr. Liliana Picciotto, Il libro della Memoria, op. cit.
[11] Comune di Milano, Stato Civile, registri di morte, anno 1948, R. 03 atto n. 44 p 2 s C.
[12] ASBg,, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Comune di Trescore Balneario, prot. n. 736 del 13 marzo 1944.
[13] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Prefettura di Bergamo, prot. n. 5742 del 31 marzo 1944, minuta.
[14] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Egeli, prot. n. 4789 del 14 aprile 1944.
[15] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Alberto Levi, Lettere raccomandate al Sindaco di Trescore Balneario e al Prefetto di Bergamo, del 16 febbraio 1946 e 12 aprile 1946.
[16] ASBg, Gab. Pref. b.e. 1, fasc.19, Prefettura di Bergamo, prot. 4604 del 11 aprile 1946, minuta. Il Comune di Trescore, come gran parte dei comuni in quel periodo, dovevano affrontare una molteplicità di situazioni di bisogno con una scarsità di fondi che rendevano arduo il compito. Ci piace pensare che siano state queste difficoltà, e non una mancanza di sensibilità da parte dell’amministrazione, a rendere complessa la restituzione e il rimborso dei danni.
[17] Mario Sigismondi, Trescore, dall’archivio comunale spunta la storia della famiglia Levi, L’Eco di Bergamo, 1 febbraio 2023.
[18] Comune di Milano, Anagrafe.