Carla e Luciana Castelletti
Albino
Scheda di famiglia
Carla Castelletti, nata il 20 luglio 1920 a Mantova, la sorella Luciana, nata a Mantova il 25 giugno 1923 erano figlie di Aldo Castelletti, nato a Mantova il 24 novembre 1891 e di Bianca Colorni
(Capitolo di riferimento: Fuggiaschi e clandestini)
Carla e Luciana erano giunte ad Albino dopo una lunga peregrinazione tra un rifugio e l’altro due sorelle in fuga da Merano, la loro storia è stata raccontata a Sabine Mayr da Franca Avataneo, figlia di Luciana.
Luciana Castelletti era figlia di Aldo e di Bianca Colorni, anch’essa ebrea. I suoi genitori si erano sposati nel 1914 e prima di Luciana avevano avuto altri due figli: Carlo Alberto, nato a Mantova il 21 settembre1915, morto il 22 gennaio 1943, e Carla. Aldo a Mantova gestiva un avviato commercio ed era ben inserito nella vita economica e sociale della benestante borghesia cittadina. I Castelletti non erano di stretta osservanza religiosa, ma rispettavano le principali festività e ricorrenze ebraiche. Aldo dopo la morte della moglie, si risposò con Linda Barla Ricci[1], cantante lirica non ebrea. Aldo dopo frequenti viaggi a Bolzano dove la moglie aveva impegni con il teatro, nella primavera 1933 decise di lasciare Mantova e l’attività commerciale e di trasferirsi a Bolzano dove, nel dicembre 1934 divenne socio della neofondata ditta “Mondial: Fonofilm, Dischi, Edizioni Musicali” con sede a Bolzano e una decina di dipendenti. Le figlie frequentarono a Bolzano il ginnasio ed i primi anni delle scuole superiori[2].
Racconta la nipote Franca Avataneo[3]:
Le leggi razziali del 1938 costrinsero mio nonno ad abbandonare la propria attività. Le figlie, che furono battezzate nel vano tentativo di sfuggire alla persecuzione, non poterono più frequentare le rispettive scuole. Per mia zia, che non era affatto un’allieva modello, fu una liberazione. AI contrario per mia mamma, che frequentava con passione la quinta classe del ginnasio, fu un dramma. […] L’unica che le fu vicina e la sostenne, denunciando quel trattamento come un’odiosa ingiustizia, fu la sua più cara campagna di classe, Lucia Salvi, che avrebbe poi preso parte attiva alla Resistenza: la loro amicizia sarebbe durata tutta la vita.
Nell’ottobre 1939 i Castelletti abbandonarono Bolzano per trasferirsi a Milano, probabilmente per consentire alle figlie di proseguire gli studi, ma la loro casa fu danneggiata dai bombardamenti del 1941 e decisero di sfollare a Fonda (TN) dove si trovavano il 21 settembre 1943 quando a seguito di una delazione la famiglia Castelletti venne arrestata, prosegue Franca:
Secondo i testimoni del luogo, l’arresto non fu direttamente eseguito dall’esercito tedesco né dalle SS, ma da formazioni locali, paramilitari e filonaziste […]. Aldo Castelletti, la moglie e le due figlie furono tradotti nel carcere di Merano e li rimasero imprigionati per alcuni giorni. Poi Linda, che non era ebrea, fu liberata e con lei mia mamma e mia zia. Il motivo di questa scarcerazione non ci e mai stato del tutto chiarito. Mia mamma accennava al fatto che mio nonno fosse riuscito a far credere che le ragazze fossero nate dal suo secondo matrimonio, misto. Fatto sta che domenica 26 settembre 1943 mio nonno scrisse e fortunosamente riuscì a far recapitare alle figlie un biglietto che ho trovato tra le carte di mia mamma solo nel 2001, dopo la sua morte: “Piccole mie adorate, Dio ha accolto la mia ardente preghiera e – come doveva essere – voi siete costì con Linda. Piccole mie, l’ora è grave, la nostra Patria è dilaniata e ogni giorno nuove ferite le vengono inferte, occorre raccogliersi e aver fede” […]. Di mio nonno non si seppe più nulla.
II 23 ottobre 1943 Aldo Castelletti fu deportato a Innsbruck, poi al campo di Reichenau e da lì ad Auschwitz, la data della sua morte è ignota. Continua la memoria di Franca:
Mia mamma e mia zia, invece, senza documenti e senza poter tornare nella casa di Fondo, dove – secondo le informazioni ricevute – sarebbero state nuovamente arrestate, dovettero fuggire, si rifugiarono in Val Camonica, ospiti dapprima di una cara amica di famiglia, la contessa De Betta, poi a Cedegolo, presso una certa Margherita, che le alloggiò in una catapecchia senza acqua e corrente elettrica.
Ma a dicembre a Cedegolo si installò un comando tedesco e le due sorelle dovettero ancora fuggire. Grazie all’intervento del vescovo trovarono ospitalità presso la Casa del Sacro Cuore a Brescia. Dopo alcuni giorni un’ispezione del convento da parte della polizia fascista portò ad una ulteriore fuga, la nuova meta fu Bergamo. Il trasferimento venne agevolato dai buoni rapporti che il vescovo di Brescia Giacinto Tredici aveva con mons. Bernareggi, vescovo di Bergamo e dagli stretti rapporti che legano anche i vari conventi. Luciana e Carla dopo una breve permanenza a Bergamo trovarono rifugio nel convento delle Figlie del Sacro Cuore di Albino. Angelo Calvi ha potuto ricostruire grazie alla consultazione del quaderno delle “Memorie della Casa di Albino 1943-44”, ora custodito nell’archivio della casa di Verona, altri particolari sulla presenza delle sorelle Castelletti nel convento di S. Anna[4]:
Il 3 gennaio la “Rev.da M.e Superiora e M.e Prefetta sostano a Sant’Orsola (dove ci sono le scuole in città, n.d.r.) per interpellare la Reverendissima M.e Generale per un affare delicato”. II 29 gennaio le Memorie registrano: “la Molto Rev.da M.e Superiora è chiamata a compiere un atto di carità e d’obbedienza eroica: alloggiare per tempo indeterminato due signorine sfollate da Milano. La Rev.da Madre Generale vuole questo sacrificio, e cioè lo vuole Dio. Da due giorni era venuto un bravo operaio (Giovanni Acerbis? n.d.r.) per apprestare il rifugio. Deve sospendere il lavoro perché occorrono calce e mattoni e senza il permesso del Comando Germanico nulla si può acquistare”. Si può dunque pensare che dai primi di febbraio le sorelle Castelletti sono accolte in S. Anna, in una stanza della zona “clausura” e, per alcune ore del giorno, nel parlatorio, note come “sfollate da Milano” per i bombardamenti; la loro vera identità non risulta conosciuta nemmeno dalla cancelliera che ha scritto le Memorie, ma si può supporre solo dalla Madre Superiora, che probabilmente porta loro i pasti, e dalla Prefetta del convento. II 10 febbraio la M. Superiora è in udienza dal Vescovo a Bergamo con la M.e Generale. Da questa contesto emerge che, in una congregazione fortemente gerarchizzata, l’iniziativa dell’accoglienza è della Madre Generale delle FSCJ[5], Madre Giuseppina Amodeo, coinvolta dal convento di Brescia, a sua volta coinvolto dal vescovo di Brescia, mons. Giacinto Tredici; in una Chiesa gerarchizzata, il vescovo di Bergamo, mons. Adriano Bernareggi è consenziente.
Bernareggi in questo caso non fu solo consenziente, ma ricevette anche le due fuggiasche. Prosegue l’articolo:
II quaderno delle Memorie della Casa di Albino contiene un’ultima informazione: “29 febbraio – Le due ospiti, accolte per ordine della Reverendissima Madre Generale, sono costrette a lasciarci frettolosamente”. Era il momento del passaggio a Lecco, poi a Sondrio e poi della salvezza in Svizzera.
[1] Linda Barla Ricci, nome d’arte, si chiamava Ermelinda Barla ed era nata il 13 gennaio 1896 ad Ascoli Piceno, aveva sposato Renato Ricci e dal matrimonio il 14 aprile 1921 era nato Francesco Ricci, che militò nel gruppo partigiano ” Stella Rossa Lupo ” e morì nel massacro di Marzabotto. Rimasta vedova sposò nel 1930 Aldo Castelletti. Cantante lirica (soprano), aveva cantato nei maggiori teatri italiani: l’Arena di Verona, il Teatro Municipale di Piacenza, il San Carlo di Napoli, il Politeama di Genova, il Petruzelli di Bari, La Fenice di Venezia, il Massimo di Palermo, il Comunale di Bologna, l’Argentina di Roma, il Regio di Torino, il Sociale di Mantova ed aveva effettuato diverse interpretazione anche in Olanda e Germania, compresa l’Opéra di Monaco. Aveva interpretato la Turandot, Elena in Mefistofele, i ruoli principali di Aida, Desdemona in Otello, Minnie in La fanciulla del West.
[2] Sabine Mayr, Tra gli ebrei meranesi uccisi c’era anche mio nonno, Alto Adige versione digitale, 27 marzo 2016. http://www.altoadige.it/cultura-e-spettacoli/tra-gli-ebrei-meranesi-uccisi-c-era-anche-mio-nonno-1.527744
[3] Cfr. Angelo Calvi, Accadde poco dopo il Natale 1943 – Due sorelle ebree nascoste nel convento di Sant’Anna, Albino Comunità viva, Il Giornale della comunità Parrocchiale di San Giuliano n. 10 dicembre 2016, pp. 20-21, http://www.vivalavita.eu/albino/Giornale_parrocchiale.html.
[4] Angelo Calvi, “Memorie della Casa di Albino” delle suore di Sant’Anna, op. cit.
[5] Figlie del Sacro Cuore di Gesù, sigla ufficiale della congregazione in Italia.