Graziella Bardavid e la sua famiglia
Calolziocorte
Scheda di famiglia
Alessandro Behor Bardavid, nato a Smirne il 20 marzo 1889, con la moglie Violetta Pontremoli nata a Smirne il 10 aprile 1895 e i figli Mary, nata a Smirne il 15 maggio 1921, Elia, nato a Rodi il 23 gennaio 1924, Graziella.
(Capitolo di riferimento: Fuggiaschi e clandestini)
Di Graziella non abbiamo l’età esatta, perché Graziella è sopravvissuta e nessuno di coloro che hanno raccontato la sua storia la riporta, in una foto d’epoca probabilmente del 1945 dimostra tra i 12 e i 14 anni.
I Bardavid si erano trasferiti in Italia a Milano, Alessandro riforniva negozi di merceria, doveva quindi essere un grossista o un rappresentante. La figlia maggiore Mary aveva conosciuto e sposato un Modiano, Giacomo Elia, la cui famiglia possedeva un negozio di pellicce a Milano.
I Bardavid erano sfollati, dopo i bombardamenti del 1942 a Lasnigo (CO), un paesino della Vallassina, nel triangolo lariano, vicino ad Asso; nell’ottobre 1943 i tedeschi, completando l’occupazione del territorio, si stanziarono a Canzo; forse per questo i Bardavid si trasferirono nel paese propinquo, Sormano, abbandonando una residenza troppo nota. La figlia Mary era invece col marito ad Arona, dove il 15 settembre 1943 fu arrestata con tutta la famiglia Modiano dalle SS della divisione Leibstandarte Adolf Hitler e uccisa il giorno successivo con altri 57 ebrei presenti nei paesi della sponda destra del lago Maggiore, le prime vittime della shoah italiana. Graziella, come ulteriore precauzione, venne iscritta al collegio di Santa Maria Bambina di Asso, distante un’ora di cammino da Sormano. Nel dicembre 1943 i Bardavid tentarono la fuga in Svizzera, probabilmente con l’aiuto di don Carlo Banfi[1] (parroco di Sormano e attivo nell’aiutare ebrei, antifascisti e militari alleati a raggiungere la Svizzera), ma furono respinti alla frontiera e tornarono a Sormano.
Graziella ha raccontato a Renata Broggini il 20 agosto 1998 a Gerusalemme le circostanze del loro respingimento[2]:
Nella prima meta del dicembre 1943 lasciai l’internato per tentar di passare con i miei genitori e mio fratello. II tentativo fallì. Eravamo sulla via verso la frontiera, quando ci fu comunicato che questa era stata chiusa agli ebrei da parte delle autorità svizzere. Tornammo a Sormano, dove i miei familiari furono arrestati in data 13 marzo 1944 e deportati ad Auschwitz, senza farne ritorno. Io invece fui accolta e salvata dalla famiglia Mazza ad Asso, e successivamente dalla famiglia Bonaiti a Calolziocorte (Bergamo).
Graziella raccontò anche dei ripetuti tentativi del fratello di raggiungere la Svizzera[3]:
Verso la fine di ottobre, da Sormano dove era nascosto, mio fratello Elia, diciannove anni, riuscì a passare il confine e la notte al posto guardie di frontiera. La mattina dopo fu respinto dopo che una guardia svizzera gli disse che un ebreo in più o in meno non faceva tanta importanza. Appena in Italia fu inseguito da guardie italiane e soldati tedeschi. Riuscì a fuggire a stento dopo aver abbandonato il bagaglio e tornò dai genitori. Tentò nuovamente di riparare in Svizzera, senza riuscirci.
Al ritorno dalla tentata fuga Graziella non fu riammessa nel collegio: le suore ritennero troppo pericoloso ospitarla dato che le milizie fasciste stavano dando la caccia agli ebrei della valle. Graziella venne ospitata dalla famiglia di un cliente e amico di Alessandro, Giuseppe Mazza, che ad Asso aveva un negozio di merceria. Giuseppe aiutò i Bardavid a procurarsi nuove carte annonarie per permettergli di avere di che vivere senza ricorrere al costosissimo mercato nero. La clandestinità dei Bardavid finì il 13 marzo del 1944: militi fascisti arrestarono Alessandro, Violetta ed Elia. Alessandro riuscì a far avvisare Giuseppe Mazza, pregandolo di mettere in salvo Graziella. I Mazza abitavano in un appartamento sotto la stazione dei carabinieri e, secondo alcune voci, il maresciallo Zucchelli era al corrente della presenza di Graziella, ma aveva finto di non saperlo[4].
I Bardavid furono portati al campo di transito di Fossoli da qui caricati su un treno per Auschwitz il 5 aprile 1944. Non si sa se Alessandro e Violetta furono subito avviati alle camere a gas o internati nel campo, di sicuro da lì non sono più tornati e non si conoscono né le circostanze né il luogo esatto della morte, Elia fu internato nel campo, ma morì dopo la sua liberazione, il 27 marzo 1945, a causa dei patimenti subiti durante la prigionia.
Anche la situazione di Graziella ad Asso diventò insostenibile: Giuseppe era sospettato dai fascisti e Graziella non era più al sicuro, riuscì a risolvere la situazione sua moglie Maria il cui fratello, Giuseppe Bonaiti, abitava a Calolziocorte. Giuseppe aveva sposato Luigia Baracchetti ed entrambi erano persone di forte spirito religioso e carità umana; due dei loro figli, militari all’8 settembre, si nascondevano alla macchia e un altro era stato arrestano e inviato al lavoro in Germania; anche se per loro non era facile provvedere anche a Graziella, accettarono di ospitarla e nasconderla. E’ la figlia Marina, diventata la compagna di giochi di Graziella, che racconta[5]:
Forse perché ero una ragazzina, non mi sentivo tanto preoccupata, eravamo persino contente. Ma se ci penso adesso credo che mio padre e mia madre fossero molto preoccupati. Non si scherzava con i tedeschi. Mio fratello Tarcisio lo avevano già portato via a lavorare nei campi di concentramento. E mia madre pregava e diceva: “Speriamo che come io aiuto questa bambina ci sia qualcuno che aiuti il mio Tarcisio”.
Graziella rimase nascosta dai Bonaiti fino al termine della guerra. I Mazza e i Bonaiti rifiutarono il rimborso delle spese sostenute che lo zio di Graziella, unico superstite della famiglia, voleva offrire loro. Graziella andò a vivere in Israele, ma non scordò i suoi salvatori: il 4 settembre del 1997 Yad Vashem ha riconosciuto Giuseppe Mazza e Maria Bonaiti, Giuseppe Bonaiti e Luigia Baracchetti come Giusti fra le Nazioni.
[1] Cfr. Daniele Corbetta, Salvezza e Shoah in Vallassina, Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta, 2013, http://www.isc-como.org/isc/index.php?page=salvezza-e-shoah-in-vallassina.
[2] Cfr. Renata Broggini La Frontiera della speranza, Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998, p. 89.
[3] Cfr. Renata Broggini La Frontiera della speranza, op. cit., p. 99.
[4] Cfr. Paolo Ceruti, Bambina ebrea salvata ad Asso, Vallassina, 13 luglio 2015, http://www.vallassina.com/bambina-ebrea-salvata-ad-asso/.
[5] Graziella fu per noi una sorella, L’Eco di Bergamo, 27 gennaio 2002.