Alessandro Zappata nasce a Vicenza nel 1903 e diventa guardia carceraria nel 1932, dopo che il sogno, condiviso con la moglie Giovanna Pulcinelli, di aprire un ristorante a Anzio naufraga. Entra in servizio al carcere di Verona; trasferito poi a Castelfranco Emilia e Apuania, arriva a Bergamo il 26.6.1940.
Il carcere giudiziario di Sant’Agata è in città alta e qui Alessandro prende casa, in via Donizetti 25, dove Giovanna gestisce un bar proprio sotto l’abitazione. A Verona hanno deciso di adottare un bambino, Carlo, e a Bergamo nel 1942 avviano le pratiche per adottare Anna Maria.
Il registro delle guardie e i ricordi dei familiari concordano nel ricordare Zappata come una guardia non amata dall’autorità, un “uomo buono” che ha sempre solidarizzato con i detenuti considerandoli prima di tutto uomini. è forse proprio questo modo di essere che rende Zappata naturalmente antifascista e lo porta a proteggere e soccorre i detenuti politici del carcere di Sant’Agata.
Nel febbraio del 1944 è sospeso dal servizio e deferito alla commissione di disciplina poiché è stato scoperto mentre portava fuori dal carcere lettere clandestine di detenuti a disposizione delle SS: le parole vere, libere dalla censura, che i detenuti scrivevano alle loro famiglie.
Zappata da guardia diventa allora detenuto: è a San Vittore dal 7.08.1944 e qui assiste da prigioniero a una scena di cui conosce il copione per averlo vissuto a Bergamo da guardia: il 10.07.1944 il carcere non è ancora sveglio del tutto, è l’alba quando, alle 4,30, arrivano a prelevare dalla sua cella, la n. 8, Salvatore Principato, Eraldo Soncini e Renzo del Riccio che saranno fucilati a Piazzale Loreto.
Il 17 agosto risulta trasferito a Bolzano insieme ad altri prigionieri e da qui deportato a Flossenbürg, con il convoglio del 5 settembre 1944. Italo Geloni lo ricorda nel sottocampo di Hersbruck: “Mi trovai in un Kommando di tredici persone […] Ci affiatammo subito. Non c’erano gerarchie, per nostra fortuna, in quel Kommando, e eleggemmo, se così si può dire, il più anziano di noi. Si chiamava “Zapata” o “Zappata” […] Ci consigliava e ci teneva su con il morale, e figuratevi se ce ne fosse stato bisogno”.
Alessandro risulta deceduto il 22.02.1945: nel dopoguerra l’Ufficio patrioti di Bergamo lo riconosce caduto civile nella lotta di liberazione. La moglie Giovanna porta a termine la pratica di adozione di Anna Maria, lascia prima Bergamo e poi l’Italia in cerca di un futuro per i suoi figli.