Se in Italia il filo dell’antifascismo non si è mai spezzato ed è diventato radice per la nascita della Resistenza, in bergamasca Carolina Pesenti ne è stata una piccola indistruttibile maglia. Quando il fascismo mette a tacere le opposizioni e sembra non avere rivali, è grazie a uomini e donne come Carolina che resta viva anche solo l’idea che opporsi al regime è possibile. Carolina non è mai stata − né prima né dopo la guerra − una dirigente del Partito comunista. Tuttavia, la sua adesione alle idee comuniste diventa un modo di vivere e di essere che l’ha portata con fermezza e convinzione a rischiare la propria vita perché non venisse mai meno la consapevolezza della possibilità di un mondo diverso dalla dittatura fascista.
Carolina era nata a Stezzano, in una numerosa famiglia che si trasferisce a Dalmine, una delle tante famiglie di origine contadina richiamate dal lavoro presso lo stabilimento della Dalmine in espansione. Il padre viene assunto dall’azienda nel 1914 e anche Carolina segue le sue orme, diventando operaia presso la fabbrica. Nel 1921, all’età di quindici anni, Carolina si fidanza con Angelo Leris: più grande di lei di un anno, Angelo era immigrato a Dalmine con la famiglia nel 1917 e insieme al padre lavora nello stabilimento.
L’esperienza dello sciopero e dell’occupazione della Dalmine nel 1919 e la partecipazione attiva alla vita operaia dell’azienda gli avevano permesso di formarsi una seria consapevolezza politica, che lo porterà ad aderire prima alla Fiom e poi, nel 1923, al Pci. Carolina conosce le idee di Angelo e le condividerà per tutta la loro lunga vita insieme.
In più di un’occasione, quando Angelo si trova nelle prigioni fasciste o è costretto a riparare all’estero, Carolina prende il suo posto nella lotta, diventando punto di riferimento per i compagni e anello indispensabile della rete comunista che si andava costruendo in bergamasca.
Nel 1931 Carolina è una delle responsabili della distribuzione clandestina di volantini in occasione del Primo maggio. Nel 1932-33 l’attività del Partito comunista nella bergamasca, dopo i tanti arresti, pestaggi, fughe all’estero, è portata avanti da un piccolissimo gruppo di otto compagni, tra cui appunto Carolina. I servizi segreti di polizia politica del regime (Ovra) sono però ormai sulle loro tracce e il 5 novembre 1933 il gruppo è arrestato. Carolina è condannata a un anno di detenzione e trasferita alle carceri di Regina Coeli.
Il 24 novembre 1934 Carolina e Angelo si uniscono con un matrimonio civile, coerenti ai loro principi e incuranti dei mormorii di fronte a una scelta così inusuale per i tempi. Dopo essersi trasferiti a Vaprio d’Adda, i Leris emigrano a Milano dove nel 1937 nasce Vladimiro. Angelo è ormai costantemente pedinato dall’Ovra e nel 1939 è costretto a lasciare l’Italia e trasferirsi in Francia. Carolina, rimasta sola, ritorna a Dalmine dove trova accoglienza presso una sorella.
Dopo l’8 settembre, come dimostrano i documenti della Questura di Bergamo, Carolina è controllata dai tedeschi. Solo nel 1945 può ricongiungersi con il marito a Varese, dove da febbraio Angelo opera per il Pci e nella Resistenza.
Nel dopoguerra vive a Milano insieme al marito e al figlio e muore il 10 febbraio 1998.