Ad Almenno San Bartolomeo, e con ogni probabilità anche nelle vicine Almè e Villa d’Almè, i militari sovietici presenti appartenevano alla 2° compagnia del Waffen-Gruppe Aserbeidschan delle Waffen SS; si trattava quindi, in prevalenza, di azeri, circa 900, arrivati in paese la sera del 25 marzo, il cui comando era stato posto alla Ca’ Bianca a Bruntino.
I collaboratori delle Fiamme Verdi, nonché funzionari comunali di Almè con Villa, Epifanio Micheletti e Pietro Morandi, iniziarono immediatamente a fare propaganda all’interno di queste milizie, poiché intuirono che esse erano ormai stanche di servire i tedeschi. Morandi conobbe così, fra gli altri, Mamedow Mussa, un comandante di plotone molto rispettato dai suoi connazionali, che, parlando sufficientemente bene l’italiano, svolse, da allora, un importante ruolo di raccordo, in quella zona, fra “russi” e partigiani.
Negli stessi giorni di fine marzo il partigiano delle Fiamme Verdi Riccardo Boffelli, anch’egli di sua iniziativa e con gli stessi obiettivi dei due sopracitati, stabilì un contatto con gli azeri, i quali, dai primi di aprile, iniziarono a progettare la loro fuga verso la Svizzera, chiedendo aiuto ai partigiani. L’8 aprile Boffelli, Morandi e Micheletti presero accordi precisi con gli organizzatori della diserzione, fra cui il già citato tenente Mussa e il capitano Agayev Agamoglan; i patti stipulati prevedevano la partenza, per le 22.00 dell’11 aprile, di alcune centinaia di uomini, condotti da alcune guide fidate, fra cui Boffelli.
A questo punto, vennero messi al corrente dell’imminente operazione i comandi partigiani presenti nella zona, ma la loro reazione non fu per nulla accondiscendente, come ben attestato dalla risposta, sotto riportata, che Boffelli ottenne, per interposta persona, dal comandante di Brigata delle Fiamme Verdi “Gianni”: “Guai a te se dovessi lusingarti a trasferire un russo solo. Il nostro Gianni ti fucila”. Ormai, però, la “macchina” si era messa in moto ed era impossibile poterla arrestare.