Tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 l’andamento della guerra incrina lo scenario dell’inevitabile vittoria del Reich e dei suoi alleati. Alcune sconfitte (dal fallimento della campagna in Grecia, alla vittoriosa offensiva alleata ad El-Alamein, alla disfatta tedesca a Stalingrado) segnano l’immaginario della popolazione civile che, provata dall’intensificarsi dei bombardamenti alleati, accoglie i reduci della terribile ritirata dalla Russia ormai consapevoli della vera natura del regime. Non a caso nel marzo del 1943 dalle fabbriche di Torino, per poi allargarsi nelle altre città industriali del nord, partono i primi scioperi contro la guerra, la fame e il regime al grido di “pane, lavoro, libertà”.
Il 9 luglio 1943 lo sbarco alleato sulle coste della Sicilia e il bombardamento di Roma del 19 accelerano la crisi interna del regime e spingono Vittorio Emanuele III ad agire, per evitare che la monarchia fosse anch’essa travolta. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 si riunisce il Gran Consiglio del fascismo e il 25 il re destituisce Mussolini, affidando il governo al maresciallo Pietro Badoglio, e lo fa arrestare.
Fu questo il primo passo per cercare di uscire da una guerra già persa, proposito ben chiaro ai tedeschi che, già presenti militarmente in Italia, da lì a pochi giorni spostarono altre otto divisioni dalla Germania e dalla Francia verso il nostro paese raddoppiando così i propri effettivi.
A Bergamo appena giunta la notizia della destituzione di Mussolini, diffusa via radio, già nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1943, secondo quanto racconta Alfonso Vajana (avvocato, giornalista, antifascista di orientamento repubblicano), in casa di Umberto Zanchi (dirigente della Dalmine e militante del Partito d’Azione) si riunirono esponenti delle forze politiche antifasciste che, con difficoltà e nella clandestinità, avevano continuato ad operare. Il 27 luglio prende ufficialmente corpo il Comitato interpartitico che tiene le sue riunioni nello studio di Luigi Bruni; ne fanno parte Cristoforo Pezzini per la Democrazia cristiana, Ezio Zambianchi per il Partito socialista, Luigi Bruni all’inizio per il Partito d’Azione, sostituito poi da Carlo Tolazzi, probabilmente Mario Buttaro per il Partito liberale poi sostituito da Luigi Bruni, e Ettore Tulli per il Partito comunista.
Il Comitato ha due obiettivi: individuare chi avrebbe dovuto occupare le cariche pubbliche e riprendere le pubblicazioni de “La Voce di Bergamo”: Sereno Locatelli Milesi è nominato Commissario Prefettizio del Comune di Bergamo e Alfonso Vajana prende la direzione effettiva del giornale, di cui è formalmente direttore Gino Battaggion.
Alla notizia delle dimissioni di Mussolini, il Sentierone si riempie di migliaia di donne e uomini che, per la prima volta dopo decenni, si riprendono la città. Dalle finestre di qualche organizzazione fascista vengono gettati i simboli del regime, qualche lapide è picconata e per le strade si forma un corteo che si dirige verso la Torre dei caduti, simbolo per eccellenza del fascismo a Bergamo (cfr.)
La città è però presidiata dall’esercito e poiché vige lo stato d’assedio e non è possibile realizzare il primo libero comizio dalla Torre. E’ così che bergamasche e bergamaschi ascoltano le parole di Alfonso Vajana, presente in piazza con Ettore Tulli, prima in Piazza Dante e poi davanti al Teatro Donizetti. Nonostante le tensioni sotto la Torre, alcuni tafferugli davanti alla chiesa di San Bartolomeo, la giornata trascorre alla fine senza incidenti.
Il 27 sono operati alcuni arresti “preventivi” e nei giorni successivi diventa chiaro che il Comitato interpartitico è allineato su posizioni sostanzialmente filo-badogliane ed è espressione di un antifascismo conservatore.
Incapace di cogliere le istanze di rottura con il passato espresse soprattutto dagli ambienti operai e di farsi veramente interprete dei problemi economici che gravano sulla popolazione, il Comitato assiste quasi impotente agli assalti ad alcuni uffici comunali, agli scioperi di diverse fabbriche a Bergamo e nell’hinterland, continuando attraverso “La Voce di Bergamo” a richiamare alla calma per evitare disordini. La richiesta inoltre di una defascistizzazione della città tradisce più la preoccupazione di difendere i fascisti dagli eccessi della giustizia popolare che la convinzione di un loro necessario allontanamento dalla vita collettiva.
Proprio questa inadeguatezza del Comitato interpartitico spinge i più accorti a cercare strade diverse e a creare quelle reti e quelle strutture destinate a diventare fondamentali dopo l’8 settembre: si pensi solo all’azione di Bepi Signorelli per il Partito d’azione, a quella di Tulli per il Partito comunista o a quella di donne come Mimma Quarti, Velia Sacchi, Bianca Artifoni riunite nell’associazione Donne per la pace e la libertà dal 1942.