La famiglia di Caterina Keergan
Bergamo
Scheda di famiglia
Caterina (Kathleen) Keergan nata a Londra il 13 giugno 1898, sposata con Emanuele Segre nato il 14 luglio 1889, e figli Laura, nata nel 1928, e Bruno Segre nato a Lucerna nel 1930.
(Capitoli di riferimento: Gli sfollati: nuove presenze ebree italiane nella provincia / Fuggiaschi e clandestini)
Caterina (Kathleen) Keergan era figlia di un medico militare dell’esercito britannico, ma di origine irlandese. Era cattolico e aveva sposato un’ebrea nata a Vienna, Fanny Stern. Il 13 giugno 1898 a Londra era nata Kathleen. Emanuele Segre era di famiglia torinese, a-religiosa, cosmopolita e repubblicana nell’Italia monarchica. Da suo padre era stato chiamato Emanuele Camillo, non in onore di Cavour, ma di Camille Desmoulins, il massone conquistatore della Bastiglia. Emanuele era stato uno dei primi laureati alla Bocconi nel 1910, aveva dovuto partecipare alla guerra di Libia, era stato congedato nel 1912 e poi riarruolato allo scoppio della guerra mondiale. Ferito durante la ritirata di Caporetto era stato poi inviato a Londra per trattare l’acquisto di materiale bellico. Lì aveva conosciuto e si era innamorato di Kathleen. Dopo la guerra si erano ritrovati a Milano e si erano sposati civilmente nel 1919[1]. Emanuele e Caterina avevano avuto due figli: Laura e Bruno.
Emanuele era un ebreo non ortodosso e ai figli “Aveva insegnato che le religioni erano un condizionamento.” È Bruno che racconta:
Frequentavo una scuola comunale. Non conoscevo nulla della tradizione ebraica. Alle spalle della maestra c’era il crocefisso e ai lati i ritratti del Re e del Duce. Per me era quella la santissima trinità. … Per molto tempo la religione è stata per me quella degli altri.
Poi arrivarono le leggi razziali[2]:
Nel tardo autunno di quell’anno fui sbattuto fuori. Bandito da tutte le scuole del regno. Mi spiegarono che come ebrei non potevamo più, con la nostra presenza, inquinare la scuola. Ci venne concesso di presentarci agli esami da privatisti. Cosa che feci, prendendo lezioni da una maestra antifascista.
La maestra era Maria Gilardoni un’anziana insegnante in pensione. Emanuele era un antifascista convinto e non si era mai iscritto al partito fascista, presentò comunque una dignitosissima domanda di discriminazione, in cui chiedeva alla Direzione Demorazza che gli venisse soltanto restituito “L’onore dell’italianità” e che ai suoi due figli, Laura e Bruno, fosse consentito di frequentare la scuola pubblica. La domanda non superò nemmeno l’esame della prefettura di Milano, il diniego venne comunicato il 22 giugno 1941. Emanuele morì di emorragia cerebrale il 24 giugno.
Alla fine del 1942, dopo l’inizio dei bombardamenti su Milano, Caterina e i figli si trasferirono a Bergamo, in via San Vigilio 10.
Secondo la questura di Bergamo i Segre erano tornati a Milano il 19 luglio 1944. Ricaviamo queste date dalle lettere tra la questura di Bergamo e la prefettura di Piacenza: il 23 marzo 1945 la prefettura di Piacenza chiede notizie sulla razza di Bruno e Laura, la questura di Bergamo risponde il 17 aprile informando che la famiglia era rientrata a Milano. La razza dei due ragazzi non era stata determinata in quanto non era stato possibile determinare quella della madre. Kathleen era una cittadina britannica divenuta cittadina italiana a seguito di matrimonio, non ne era pertanto accertabile la razza: in Gran Bretagna non esisteva una distinzione su base razziale delle persone.
Le notizie della questura erano però imprecise: alla fine dell’ottobre del 1943[3] Kathleen aveva avuto sentore che i tedeschi si stavano interessando a lei e ai suoi figli e, sperando in una rapida avanzata degli alleati, aveva deciso di fuggire portandosi verso il sud. Si era stabilita ad Ascoli su suggerimento dell’amica Franca Matricardi, caporedattrice della Domus, casa editrice milanese per cui aveva lavorato come traduttrice dopo la morte del marito. Ad Ascoli i Segre trovarono alloggio presso l’Albergo Italia, che dovettero poi abbandonare a causa della requisizione dello stabile da parte dei tedeschi. Furono indirizzati alla casa della famiglia di Romeo De Amicis, scalpellino anarchico, che li ospitò fino alla liberazione. Il 20 giugno 1944 le truppe alleate liberarono la città, Kathleen e i suoi figli erano in loro attesa da nove mesi. “Questa famiglia mi ha permesso di essere qui con voi questa sera”, ha detto Segre con voce spezzata, e “vedere che anche loro sono qui con me mi riempie il cuore di gioia” ha concluso Bruno alla presentazione ad Ascoli, il 21 gennaio 2018, del suo libro “Che razza di ebreo sono io”, a cui erano presenti i figli di Romeo De Amicis.
[1] Le notizie sono tratte da: Bruna Laudi e David Terracini, Storie di ebrei, Bruno Segre, ebreo quasi per caso, Ha Keillah (La Comunità) organo del gruppo di studi ebraici di Torino, https://www.hakeillah.com/4_16_19.htm.
[2] Antonio Gnoli, intervista a Bruno Segre, A otto anni imparai a essere invisibile e solo Olivetti riuscì a guarirmi, Repubblica,
http://www.repubblica.it/cultura/2015/10/11/news/bruno_segre_a_otto_anni_imparai_a_essere invisibile e solo_olivetti_riusci_a_guarirmi_-124872117/.
[3] Queste notizie sono tratte da: Valeria Eufemia, “Ascoli mi ha salvato dalla Shoà”, il ritorno di Bruno Segre dopo 73 anni, Il resto del Carlino Ascoli, 21 gennaio 2018, https://www.ilrestodelcarlino.it/ascoli/cronaca/ascoli-mi-ha-salvato-dalla-shoah-il-ritorno-di-bruno-segre-dopo-73-anni-1.3675983