Bianca Artifoni, classe 1904, è la figlia più giovane della famiglia di Elisa Perico e Luigi: Gioconda, Liduina, Maria, Lia, Bianca e Aldo, che muore durante la prima guerra mondiale.
Legata alla famiglia di Luigi Bruni di cui la sorella Maria era moglie, Bianca dal 1937 vive in via Lusardi (oggi via Borfuro) con la nipote Amalia Bruni: antifascista per affetti familiari, è proprio con la nipote che dopo l’8 settembre si impegna per la Resistenza.
Come quello di tante altre donne, il loro primo gesto di opposizione al fascismo è l’aiuto ai prigionieri, ma il passaggio da uno slancio caritatevole verso un uomo in pericolo a un sostegno consapevole della causa avviene attraverso Velia Sacchi che incontrano regolarmente in casa di Frida Ballini. Quando questa lascia Bergamo, è proprio la casa di Bianca e Amalia che servirà da luogo d’incontro per organizzare raccolte di fondi per la Resistenza, per la stampa e la distribuzione di materiale clandestino.
Se la casa di Bianca diventa una base sicura per la Resistenza dove nascondere cose o trovare rifugio, il suo lavoro di contabile per la società tramviaria della Stei è una risorsa per far correre in mezzo agli altri le parole e le idee delle donne e degli uomini dell’antifascismo.
Nel suo ufficio Bianca infatti ha un ciclostile di cui si serve per redigere molti appelli del Comitato di liberazione nazionale (Cln) da diffondere tra la popolazione. Negli ultimi venti mesi della guerra, Bianca è una donna matura, che è stata ragazza prima del fascismo, ha conosciuto durante la Prima guerra mondiale il dolore per la morte del fratello, ma anche le spinte emancipatrici che avevano agitato allora la storia delle donne e che vent’anni di regime hanno cancellato: la sua età, il suo modo di essere, la rendono una donna autorevole, riconosciuta e amata dalle altre donne se è vero che riesce a convincere non solo tutto il personale (comprese le giovani bigliettaie) della Stei a versare un contributo per il Cln, ma anche a organizzare nei dettagli un sistema di smistamento dei volantini clandestini che poteva contare sul personale non solo dei tram, ma anche di quello delle ferrovie delle valli Brembana e Seriana.
Verso la fine della guerra Bianca e la nipote sono persone di cui le autorità partigiane si fidano e all’una viene affidato il compito di portaordini tra Cln e bande partigiane e all’altra tra Cln e autorità.
Il lavoro nella Resistenza significa per Bianca tessere la rete attraverso cui possano circolare parole, idee, progetti, come se tutto il suo impegno fosse teso a riattivare scambi e dialoghi che il fascismo aveva interrotto. Quando Bianca, nel dopoguerra, sarà interrogata sulla sua esperienza resistenziale significativamente parlerà meno delle sue attività che delle donne e degli uomini con cui aveva condiviso la lotta.
Bianca muore nel 1974.