Abbi Addi, nel centro della regione del Tigré, è capoluogo del Tembien, teatro di due importanti scontri militari all’interno della guerra d’Etiopia. All’inizio di novembre del 1935 il fronte è assestato sulla linea di Macallè occupata l’8. Il generale De Bono per ragioni di strategia militare si rifiuta di eseguire l’ordine di Mussolini di riprendere la marcia sull’Amba Alagi e viene sostituito da Badoglio che cambia radicalmente volto alla guerra di conquista cercando l’annientamento dell’avversario con tutti i mezzi leciti o illeciti: con Badoglio furono usati per la prima volta l’iprite e i gas asfissianti che il “fascistissimo” De Bono, si era rifiutato di usare.
Nel dicembre del 1935 l’esercito etiope assedia l’esercito Italiano che ha occupato il Tembien, e lo costringe a ritirarsi da Abbi Addi, che viene abbandonata il 27 dicembre ormai ridotta a un cumulo di macerie. L’esercito italiano entrerà una seconda volta ad Abbi Addi il 29 gennaio 1936 al termine di quella che viene ricordata come la Seconda battaglia del Tembien, costringendo alla resa l’esercito etiope in quello stesso luogo dove era stato costretto alla ritirata poco tempo prima. In seguito l’occupazione dell’Amba Alagi il 28 febbraio a ridosso del quarantesimo della sconfitta di Adua (1 marzo 1896) offre una nuova occasione per sottolineare che solo il fascismo ha saputo vendicare i morti italiani. A Bergamo l’intitolazione delle vie a Largo Adua, Adigrat e Abbi Addi segnano le tappe della conquista fascista, dell’Etiopia, della nascita dell’Impero e della rivincita della “nuova Italia”.