Nel 1931 diventa direttore dell’Ospedale psichiatrico Giuseppe Muggia: originario di Busseto (Parma) dove era nato nel 1877, dopo la laurea a Bologna (1901) ha lavorato a Ferrara, Venezia e Sondrio (1921-1931). Nella sua formazione giovanile a Cremona è stato segnato dall’incontro con Arcangelo Ghisleri al liceo Manin e vive il suo primo impegno politico intorno al giornale “L’eco del Popolo” avviato in città da Leonida Bissolati, dopo la fondazione del Partito dei lavoratori italiani, poi Partito socialista.
L’attenzione alla dimensione sociale anche del disagio mentale caratterizza l’operare di Muggia: se è vero che nei primi decenni del Novecento “per uno psichiatra italiano in via di formazione come Muggia, delineare un proprio percorso non è facile”, risulta evidente che negli anni della maturità professionale […] di fronte alla realtà clinica e sociale dei pazienti, la sua attività prende la direzione dell’igiene mentale: lavorare sulle cause che portano in manicomio numerosi soggetti (pellagra, gozzo, alcolismo, tubercolosi, sifilide).” (G. Mangini, “Studi e ricerche di storia contemporanea”, n. 78).
Se nel periodo di lavoro a Sondrio Muggia si concentra nella cura del gozzo-cretinismo, non solo lo affronta dal lato teorico dello studio, allargando il campo anche alla confinante provincia di Bergamo e presentando i risultati in importanti consessi scientifici, ma si impegna nello stesso tempo dal lato sociale, fondando il Comitato Valtellinese per la lotta contro il gozzo e cercando soluzioni con la Direzione generale della Sanità pubblica per debellare il problema. Non stupirà quindi che una volta arrivato a Bergamo si spenda “per creare strutture ausiliarie come i Dispensari neuropsichiatrici, attivi a Bergamo già dal novembre 1931 e poi in altre località” (G. Mangini).
Nella permanenza all’ospedale psichiatrico di Bergamo, Muggia porta con sé non solo una consapevolezza e maturità professionale che lo guidano con sicurezza nelle sue scelte, ma anche una consapevolezza politica che lo rende critico del fascismo imperante. Padre di due figli, Giulio e Franca, Muggia attraverso il figlio è vicino agli ambienti antifascisti torinesi e ha sperimentato cosa significa dissentire dal regime: Giulio è un sorvegliato dell’apparato poliziesco fascista e sarà infine arrestato e condannato al confino in Basilicata.
A Bergamo Muggia riallaccia naturalmente i suoi rapporti con Arcangelo Ghisleri che vive all’epoca in città appartato per dissenso, ma presente negli ambienti dell’antifascismo cittadino. Al manicomio di Borgo Palazzo, Muggia incontra del resto anche Amos Chiabov, giovane triestino, antifascista di Giustizia e Libertà, laureatosi durante il periodo del confino a Ponza vissuto con Leo Valiani, Lelio Basso, Nello Rosselli.
A Bergamo dal 1906 opera anche Achille Viterbi, nel 1931 primario di Oculistica all’ospedale, che si lega d’amicizia con Muggia. I due medici condividono non solo la vita di ebreo assimilato, borghese e laico, ma anche la convinzione politica socialista e riformista che lo spinge a un impegno concreto nel sociale e nel miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione.
Razzismo significa ideologia della purezza e quindi sottrazione, esclusione e impoverimento della società attraverso l’eliminazione di tutto quanto nasce dalla contaminazione con il diverso.
Le leggi razziste del 1938 escludono dalla società bergamasca sia Muggia, la moglie e la figlia Franca che abitava all’ospedale psichiatrico con i genitori, sia Viterbi, la moglie e il figlio Andrea di tre anni.
Mentre il figlio Giulio decide di partire per la Palestina, Muggia, che deve lasciare l’incarico di direttore dell’Ospedale, con la moglie e la figlia si trasferisce a Venezia, dove condividerà l’impegno della figlia Franca attiva nella Federazione Sionistica Italiana dagli anni Trenta. Catturati nella retata tra il 5 e il 6 dicembre 1943, inviati a Fossoli, sono deportati a Auschwitz il 22 febbraio 1944.
Achille Viterbi destituito dall’incarico, preoccupato del futuro, decide di emigrare e nel 1939, insieme alla moglie e al piccolo Andrea, lascia Bergamo per gli Stati Uniti. Non faranno ritorno né a Bergamo né in Italia. In America Andrea avrà modo negli anni di realizzare una brillante carriera di studi scientifici.
La società fascista bergamasca si ritrova forse più pura, certo più povera.