Molto numerosi, armati fino ai denti e addestratissimi, i “russi”, assembratisi in provincia di Bergamo, rappresentarono, almeno inizialmente, un’incognita al tempo stesso suadente e pericolosa per i comandi partigiani, i quali, in vista dell’imminente insurrezione generale, presero a studiarne attentamente le mosse per capire se doverli considerare come una valida risorsa sulla quale poter contare o come una nuova minaccia da dover fronteggiare.
Il Comando di Zona così scrisse, su questi “nuovi arrivati”, in un suo rapporto al Comando Regionale Lombardo del 10 aprile 1945:
Il morale di questi uomini è molto basso. Sembrerebbero intenzionati di disertare in molti, per unirsi alle formazioni partigiane. Noi siamo molto perplessi al riguardo, ritenendo che la diserzione limitata a pochi, od a non molti individui, affretti il rastrellamento in grande stile, che è forse ancora nelle intenzioni del Comando tedesco, e che noi dobbiamo evitare, soprattutto per la nostra grande deficienza di munizioni. D’altra parte la diserzione in massa, anche se ci venisse proposta fra non molti giorni, quando si accentueranno gli effetti delle vittorie alleate, ci sembrerebbe assai pericolosa; in quanto che porteremmo troppo vicino alle nostre formazioni delle truppe certamente meglio addestrate e più armate.
Queste paure, alla fine, pesarono sulla linea, estremamente cauta e passiva, che i vertici partigiani vollero tenere nei confronti di questi duemila soldati sovietici, i quali, disertando in gran numero fra il marzo e l’aprile 1945, dovettero comunque essere “gestiti”, solitamente in maniera incruenta, dalla Resistenza locale.